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IL PRIMO FESTIVAL BIENNALE SULLA COESIONE SOCIALE

Incubatore Coeso

Per parlare di coesione sociale siamo partiti dalle storie, realizzando una mappatura di buone pratiche, progetti, realtà nati dal basso o dalle istituzioni che raccontano, a volte meglio dei numeri, cosa significa fare coesione sociale in Italia. Abbiamo provato a raccontarle, attraverso interviste, articoli, video e immagini. La sezione è in continuo aggiornamento.

Vale la pena

Vale la pena

Il mangiare bello e buono
Producono birra artigianale e lo fanno con competenza! Si parla del progetto Vale la pena, che a Roma coinvolge detenuti ammessi al lavoro esterno provenienti dal carcere di Rebibbia, formati e avviati alla professione nella filiera della birra. L’avviamento al lavoro è fondamentale al fine di contrastare le recidive (ben il 70% dei detenuti che non gode di misure alternative…

Producono birra artigianale e lo fanno con competenza! Si parla del progetto Vale la pena, che a Roma coinvolge detenuti ammessi al lavoro esterno provenienti dal carcere di Rebibbia, formati e avviati alla professione nella filiera della birra. L’avviamento al lavoro è fondamentale al fine di contrastare le recidive (ben il 70% dei detenuti che non gode di misure alternative alla detenzione rischia di ricadere nella criminalità) e il risultato è quello di birre artigianali, profumate e buonissime! Il progetto è cofinanziato da Ministero dell’Università e Ricerca e dal Ministero della Giustizia e realizzato dall’associazione Semi di Libertà Onlus. Strappare i detenuti al circolo vizioso delle recidive è un importante investimento pubblico, che alleggerisce lo stato sia dei costi sociali (le conseguenze dei reati commessi) sia dei costi di mantenimento delle strutture carcerarie. E, date le difficili esperienze di vita da cui provengono i lavoratori, c’è da dire che il senso dell’umorismo non manca. Provare per credere: assaggiate qualcuna delle birre in produzione, come la “Fa er bravo” American Pale Ale Single hop di solo luppolo Bravo, oppure, per esempio, la birra estiva Le(g)Ale, una Belgian Session Ipa semplice ed elegante. Competenza, professionalità e leggerezza, nel bicchiere come nella vita, una chiave unica per uscire di galera. 

La scuola di Penny Wirton

La scuola di Penny Wirton


Italiano per stranieri: le parole della libertà
Il primo passo, arrivati in Italia, è imparare l’italiano. Trovare lavoro, una casa, socializzare, rifarsi una vita… tutto passa da questa semplice fase, che tanto semplice non è. Per far fronte a questa esigenza di tanti stranieri arrivati in Italia nasce La “Scuola Penny Wirton” (da Penny Wirton e sua madre, romanzo del grande scrittore reggiano Silvio D’Arzo) i cui…

Il primo passo, arrivati in Italia, è imparare l’italiano. Trovare lavoro, una casa, socializzare, rifarsi una vita… tutto passa da questa semplice fase, che tanto semplice non è. Per far fronte a questa esigenza di tanti stranieri arrivati in Italia nasce La “Scuola Penny Wirton” (da Penny Wirton e sua madre, romanzo del grande scrittore reggiano Silvio D’Arzo) i cui docenti, tutti volontari, insegnano a bambini e ad adulti la lingua attraverso lo scambio, la parola, il dialogo. Un percorso che ha poco di scolastico (niente classi, niente voti) e non si fa solo sui libri, ma insieme, per arrivare a quell’Italiani anche noi” che risuona nel titolo del manuale appositamente costruito. La motivazione è sempre la stessa: fortissima. Completamente diverse le origini ma anche le competenze: chi nel proprio paese ha studiato e ha preso un diploma, chi è analfabeta. Senza scadenze, con percorsi didattici assolutamente individuali, passo per passo, la Penny Wirton accompagna stranieri -nella fattispecie migranti – nell’apprendimento della lingua, quasi sempre agognato obiettivo per migliorare la propria condizione di vita. Ormai diffusasi in molte città italiane, l’esperienza della Penny Wirton nasce dallo scrittore e insegnante Eraldo Affinati che insieme alla moglie Anna Luce Lenzi, a Roma, ha fondato otto anni fa questa sua scuola gratuita di italiano per migranti.

SCUOLA PENNY WIRTON
Corsi gratuiti di italiano per stranieri Le lezioni si tengono presso il Liceo Scientifico “Keplero” in via S. Gherardi 87 (Roma) vicino a Ponte Marconi 

ForIMM

ForIMM

Dignità, lavoro, territorialità
La Sardegna è stata per lungo tempo terra di emigrazione mentre oggi, come tutta la penisola, si trova a doversi confrontare con il fenomeno inverso. Per far fronte a questa nuova condizione è da pochissimo iniziato il progetto forIMM Formazione Impresa Immigrati che intende analizzare e rafforzare il ruolo delle organizzazioni di immigrati sul territorio per sostenere progetti di inserimento lavorativo…

La Sardegna è stata per lungo tempo terra di emigrazione mentre oggi, come tutta la penisola, si trova a doversi confrontare con il fenomeno inverso. Per far fronte a questa nuova condizione è da pochissimo iniziato il progetto forIMM Formazione Impresa Immigrati che intende analizzare e rafforzare il ruolo delle organizzazioni di immigrati sul territorio per sostenere progetti di inserimento lavorativo e promozione dell’imprenditorialità. Il progetto “Collaborazione tra associazioni che promuovono l’integrazione attraverso l’imprenditoria in Sardegna”, ribattezzato forIMM, è realizzato con il sostegno di Fondazione CON IL SUD nell’ambito dell’“Iniziativa Immigrazione 2014” ed è coordinato dalla ong CISV in cooperazione con la Regione Autonoma della Sardegna, l’Università degli Studi di Cagliari, la Confartigianato Imprese SUD Sardegna, e le associazioni ALPO onlus, Foududia, Singh Sabha e Quisqueya. Nel mese di aprile 2016 si sono svolti i primi incontri, durante i quali sono stati presentati alcuni esempi di imprenditorialità di cittadini immigrati con le relative sfide, difficoltà e successi. Un percorso che è solo all’inizio ma che conta di accompagnare i cittadini immigrati l’avvio ed al consolidamento d’impresa attraverso percorsi formativi specifici. Si coinvolgeranno 15 migranti per una formazione sulle tecniche sartoriali, saranno sostenute 9 micro imprese e realizzati 10 stage in collaborazione con gli imprenditori sardi.  Una scommessa sul futuro della regione tutto da costruire, partendo dal territorio e dal rafforzamento delle reti grazie alla collaborazione tra enti pubblici e privati, organizzazioni del terzo settore e imprese fino ad arrivare a tutti i cittadini, vecchi e nuovi.

Il sogno di Tommi

Il sogno di Tommi

Una cura per l’anima
L’ospedalizzazione è un’esperienza traumatica, specialmente se a viverla sono bambini e ragazzi. Quando il percorso riabilitativo appare lungo e difficile tanto più diventa necessario creare un ambiente che aiuti e sostenga il cuore e la testa del giovane degente. A questo scopo nasce a Genova Il sogno di Tommi, associazione dal 2012 ma già attiva dal 2008 per volontà di…

L’ospedalizzazione è un’esperienza traumatica, specialmente se a viverla sono bambini e ragazzi. Quando il percorso riabilitativo appare lungo e difficile tanto più diventa necessario creare un ambiente che aiuti e sostenga il cuore e la testa del giovane degente. A questo scopo nasce a Genova Il sogno di Tommi, associazione dal 2012 ma già attiva dal 2008 per volontà di una mamma e di un papà desiderosi di trasformare il loro dolore in qualcosa di utile per tutti. Con la collaborazione delle associazioni A.Ge. Genova Genitori, A.B.E.O. Liguria e Cilla, i contributi dei sostenitori – tra cui la Chiesa Valdese attraverso l’8permille – e l’appoggio dei volontari e amici, il Sogno di Tommi è cresciuta nel tempo, portando sostegno psicologico e operativo alle famiglie con bambini e ragazzi ospedalizzati o in cura presso la propria abitazione. Il progetto porta, in ospedale come a casa, laboratori divertenti ed educativi per bambini e ragazzi, pensati e proposti per età diverse ma dedicati ai degenti di ematologia, oncologia e trapianto. Allo stesso tempo Il sogno di Tommi mette a disposizione un servizio di accoglienza e accompagnamento da e per l’Istituto Gaslini di Genova per i famigliari provenienti da fuori città. Un modo per stare vicino ai bambini e alle famiglie donando un po’ di forza in più per la loro battaglia.

Nessun Fuorigioco!

Nessun Fuorigioco!

Un nome, tre squadre, un percorso. Vince chi costruisce!
Nessun Fuorigioco è un progetto di coesione sociale “con il pallone tra i piedi”: si rivolge ai bambini e ai ragazzi che, vivono la condizione di marginalità o di difficoltà tipica di chi vive in situazioni difficili come i siti non autorizzati di Torino nord (che sono la maggior parte dei minori coinvolti), non possono godere appieno del diritto al…

Nessun Fuorigioco è un progetto di coesione sociale “con il pallone tra i piedi”: si rivolge ai bambini e ai ragazzi che, vivono la condizione di marginalità o di difficoltà tipica di chi vive in situazioni difficili come i siti non autorizzati di Torino nord (che sono la maggior parte dei minori coinvolti), non possono godere appieno del diritto al gioco. Si occupa inoltre di dare sostegno alla genitorialità per accompagnare i genitori dei ragazzi e delle ragazze coinvolti in un percorso di cambiamento. “Non serve il Ronaldo di turno – spiega Timothy Donato, ex giocatore oggi allenatore e coordinatore del progetto – però si sta insieme e si prova a fare comunità, una squadra che sia tale anche fuori dal campo. Ce la si mette tutta per vincere, ma poi non è importante, non è il vero obiettivo. Per dire… durante una partita è successo che uno dei dei ragazzi in campo mi ha chiesto ‘ma da che parte devo segnare?’. Questo per dire che prima viene il gruppo, lo stare insieme, il divertirsi. Poi la squadra, la vittoria, i goal”. Oggi l’associazione Nessuno Fuorigioco conta tre squadre, quella dei giovanissimi, una under 20 e la squadra femminile, tutte e tre attive nei relativi campionati UISP. Col tempo è cresciuta la partecipazione. I primi a essere coinvolti nel progetto sono stati i ragazzi Rom dei campi non autorizzati zona Torino Nord. Oggi in campo scendono africani, italiani, moldavi, belgi. “Nessun Fuorigioco permette a questi ragazzi di avere un punto di riferimento: tra povertà, trasferimenti, migrazione, sgomberi l’Associazione è per loro un punto fermo dove si impara ad aiutarsi, a stare insieme, a condividere la fatica del campo e della vita (partita ben più dura). Perchè la squadra è aperta a tutti quelli che vogliono esserci, ma ce la devono mettere tutta: ai ragazzi che partecipano non si chiede prestanza atletica. Si chiedono cuore e testa. Di essere onesti su quello che vogliono, imparando a costruire insieme. Non è un percorso facile. Il razzismo e i pregiudizi sono una bestia subdola. Si nascondono anche dentro chi crede di non averci niente a che fare, o dentro quelli che sono a loro volta emarginati. Imparare a riconoscerlo, confrontarcisi a viso aperto è una sfida e una conquista. Soprattutto ora che l’associazione è sempre più aperta e sempre più ampia è la compagine degli associati e dei partecipanti – giocatori, tifosi, simpatizzanti -“. La costanza è uno degli elementi principali dell’Associazione: tutte le settimane, tutti i mesi, per tutto l’anno, con una partita o un’iniziativa l’importante è imparare a stare insieme, portare avanti un progetto. Ci si allena, si giocano partite. Non solo: Nessun Fuorigioco collabora con la Scuola Holden, con la quale è stato scritto un libro di storie, e organizza workshop con l’associazione Scout, per guardarsi negli occhi e capire meglio chi si ha di fronte. Se il gioco del calcio è un pretesto -bello, divertente, motivante- sapere contro quale porta calciare non è poi così importante. 

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